ROMA

Santa Maria della Pietà - Museo Laboratorio della Mente

Monte Mario - Via Trionfale. Ex ospedale psichiatrico. Museo Laboratorio della Mente.

DESCRIZIONE

L'istituzione del Santa Maria della Pietà risale al XVI secolo; fondato nel 1548 per volontà di Ferrante Ruiz, sacerdote sivigliano, e di due laici Angelo Bruno e il figlio Diego, ebbe iniziale sede nel monastero presso Piazza Colonna a Roma.

Esso, dunque, nacque come confraternita religiosa di accoglienza per i poveri, vagabondi e per i pellegrini attesi per il Giubileo del 1550; nella documentazione antica risulta la definizione “hospitale delli poveri forestieri e pazzi dell'alma città di Roma”. La morte dei fondatori nonché le difficoltà organizzative ed economiche, determinarono l’inizio di un periodo di decadimento.

Intorno al 1630 mutarono le direttive funzionali del ricovero: da ospizio dei pellegrini e “dei pazzerelli”, la struttura sostituì l’esercizio della carità con operazioni di internamento per necessità di ordine pubblico.

La nuova prassi venne confermata dalle regole stabilite dal cardinale Francesco Barberini nel 1635 secondo cui l’ospedale doveva accogliere "chi faccia pazzie formali, come di dare o di gridare di continuo senza causa, buttar via robba o simili"; la nuova forma dell’istituto prevedeva una rigida regolamentazione della vita del “folle” ed il trattamento ricevuto variava a seconda della retta versata. Si andò così definendo come luogo alternativo di reclusione per coloro che erano considerati folli, i quali erano per natura privi di libertà e senza futuro, ma che, non perseguibili giuridicamente, non potevano essere detenuti nelle carceri.

Nel 1725 papa Benedetto XIII dispose il trasferimento dell’ospizio a Via della Lungara, presso l’Ospedale Santo Spirito ma non comportò nessun miglioramento per i degenti anzi aumentò il numero dei ricoverati. Con l’amministrazione francese (1809-1814) venne istituita la Consulta straordinaria per gli stati romani che attuò un’indagine e una regolamentazione degli ospedali. Dal 1810 entrò in un processo di medicalizzazione volto a trasformarlo in un’istituzione clinica: Alessandro Flajani venne nominato medico primario nel 1812 e se ne occupò fino al 1824.

Con la restaurazione pontificia ci fu una battuta d’arresto e si registrarono problemi economici anche a causa dell’elevato numero di ricoverati; Leone XII contribuì alla promulgazione di un nuovo regolamento finalizzato al miglioramento delle cure assistenziali e spirituali ma in seguito alla sua morte il progettò terminò.

I suoi tentativi di intervento sono testimoniati dalla visita apostolica del cardinale Giuseppe Sala, ordinata nel 1824, durante la quale si impartiscono disposizioni per l'eliminazione “dell’orrore della paglia". Il Pontefice, in base alle indicazioni del Sala, promulgò nel 1826 il Motu Proprio sull'organizzazione degli ospedali romani. Le finalità erano quelle di migliorare la cura spirituale e corporale dei malati e di attuare una retta amministrazione delle rendite. Il Santo Spirito e le sue dipendenze andavano riammessi alla Commissione ospedaliera. Anche gli anni successivi furono caratterizzati da una grave decadenza del Manicomio, così denominato, sia a livello di pulizia che assistenza.

Tra il 1847 e il 1848 si susseguirono i dibattiti sul manicomio e in particolare sulla sede, sulla direzione medica, sul mantenimento dell'istituto che aveva all'epoca funzioni di semplice detenzione. Risale a quel periodo il progetto di rifondazione dapprontato da Giuseppe Girolami, occupatosi dello studio delle malattie mentali. Il progetto, ritenuto troppo radicale, fu accantonato. Nel 1849 fu ordinata una nuova visita apostolica; ne fu visitatore il cardinale Morichini, che ebbe anche la carica di presidente della commissione incaricata del governo dell'Arciospedale e Pia Casa di Santo Spirito.

La commissione, a maggioranza laica, affrontò i problemi del manicomio con sistematicità e determinazione, con l’obiettivo di trasformare finalmente il Santa Maria della Pietà in ospedale all’interno di una rete di strutture romane. I suoi lavori furono propedeutici alla riforma del sistema assistenziale romano sancito poi nel 1850 dal motuproprio di Pio IX, che rispecchiava, sintetizzava e ampliava le linee di tendenza dell'età francese, riprese da Leone XII (1826-29) e abbandonate poi da Pio VII e Gregorio XVI. Fu costituita un'apposita Commissione per presentare un progetto per la costruzione di un nuovo manicomio, con l'intento di realizzare finalmente l'utopia del manicomio modello.

Finalmente nel 1907 l'intera gestione del manicomio fu affidata alla Provincia mentre nel 1908 iniziò la costruzione del nuovo manicomio provinciale; l'ideazione e la successiva realizzazione del nuovo ospedale psichiatrico si deve al senatore Alberto Cencelli: la sua idea era quella di costruire l'ospedale sulla collina di Monte Mario, denominandolo Manicomio Provinciale di Santa Maria della Pietà, progettato da Edgardo Negri e Eugenio Chiesa. La struttura iniziò funzionare il 28 luglio 1913 e fu inaugurata ufficialmente da Vittorio Emanuele III  il maggio 1914.

i lavori per il nuovo ospedale psichiatrico Il complesso concepito con lo spirito del manicomio-villaggio si estendeva su circa centotrenta ettari e comprendeva quarantuno edifici ospedalieri, di cui ventiquattro erano padiglioni di degenza. Gli edifici, immersi in un grande parco di piante a fusto alto e collegati l'un l'altro da una rete stradale di circa sette chilometri complessivi costituivano così il più grande Ospedale Psichiatrico d'Europa con una capacità di più di mille posti letto.
Quando cominciò a funzionare l'ospedale ospitava duecentodieci ricoverati; con la chiusura del manicomio di via della Lungara il numero dei ricoverati salì a 1371, arrivando a 2600 nel 1934.

L'internamento manicomiale continuava ad essere disciplinato dalla legge del 1904, che limitava il ricovero ai soli malati pericolosi o che dessero pubblico scandalo, venendo di fatto a porsi come una vera e propria misura di prevenzione e rendendo impossibile il ricovero volontario. All'inizio degli anni cinquanta un gruppo di deputati (Ceravolo, De Cocci, Riva ed altri) aveva presentato alla Camera una proposta di legge (27 dicembre 1951 n.2437) secondo cui la cura e profilassi delle malattie mentali avrebbero dovuto formare oggetto di pubblico servizio; ma ancora la strada era lunga.

Nel 1962 Franco Basaglia avviava nell'ospedale psichiatrico di Gorizia un tentativo di rinnovamento che di lì a poco avrebbe portato alla costituzione della prima "comunità terapeutica" italiana; man mano fenomeni di negazione dell'assetto manicomiale tradizionale cominciarono a prodursi anche altrove. A Roma i primi fermenti antistituzionali prendono forma negli anni Settanta, inizialmente denunciando i problemi circa l’assistenza psichiatrica e il disinteresse dell'Amministrazione.

Progressivamente si moltiplicano le proteste interne ed i tentativi sull'Amministrazione di spostare il baricentro dell'assistenza nei Centri di Igiene Mentale. Dal 1975, per iniziativa di un gruppo di infermieri nasce il padiglione XXV in cui si cercò di applicare la lezione basagliana di Gorizia.

Alla fine del 1978, anno di promulgazione della legge di riforma n.140 (impose la chiusura dei manucomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo servizi di igene mentale pubblici), nel S. Maria della Pietà erano ancora presenti 1076 ricoverati, più una sessantina di “ospiti”; anche nei successivi anni continuano a sussistere le presenze all’interno della struttura con un preoccupante rapporto tra decessi e dimessi; alla fine del 1999 l’ospedale viene definitivamente chiuso: dei 206 pazienti ancora ricoverati all’inizio del 1996 nel triennio seguente soltanto 6 sono deceduti, gli altri sono stati dimessi ed inseriti in strutture residenziali esterne.

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